“Semplificazione promessa, semplificazione mantenuta!”
Così ha detto la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen quando ha annunciato il pacchetto di proposte Omnibus per l'ESG Reporting alla fine di febbraio.
Tuttavia, per le aziende nelle prime fasi di gestione del reporting della sostenibilità d'impresa e del regolamento ESG come la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), potrebbe essere sembrata tutt'altro che una semplificazione.
È vero, le tempistiche sono state posticipate e le soglie per i requisiti di reporting CSRD sono state aumentate, ma per coloro che stanno consolidando l'ESG Reporting, la situazione ha rimescolato le carte e li ha lasciati a chiedersi: e adesso?
Tutto è diverso…
Quanto sono davvero drastici i cambiamenti? E si realizzeranno davvero? Vale la pena ricordare che queste sono solo proposte per ora. La Commissione ha presentato delle modifiche alla Corporate Sustainability Due Dilligence Directive (CSDDD), alla Direttiva sul reporting della sostenibilità d'impresa (CSRD), e alla Tassonomia Verde dell'UE. I dettagli completi sono disponibili nell'annuncio della Commissione, ma le modifiche che stanno facendo notizia sono la rimozione di circa l'80% delle aziende dall'ambito della CSRD (in cui rimarrebberp solo le più grandi), e il rinvio di due anni degli obblighi di reporting per quelle già in ambito e che dovrebbero iniziare a rendicontare nel 2026 e nel 2027.
Questa sarebbe una riduzione radicale dell'ambito di applicazione della CSRD e comporterebbe il fatto che molte aziende che potrebbero essersi preparate ad essere compliant non dovranno più farlo.
O almeno lo significherà se le proposte saranno adottate integralmente. Ora dovranno essere discusse sia al Parlamento UE che al Consiglio dell'UE (il che potrebbe richiedere sei-nove mesi), prima dei negoziati del trilaterali tra le tre istituzioni. È improbabile che emerga un testo finale prima del 2026 – anche se la proposta "stop the clock" di posticipare il reporting di due anni sarà probabilmente accelerata e finalizzata quest'anno.
…Nulla è cambiato
Cosa deve fare un CFO? In breve, continuare la strada già percorsa. Anche se le proposte fossero approvate integralmente, l'importanza del reporting di sostenbilità rimarrebbe intatta, la compliance è sempre stata solo un fattore secondario.
La compliance, con le sue scadenze ed eventuali sanzioni, ha certamente aggiunto urgenza alla questione di investire nell'ESG Reporting, ma non è mai stata la principale fonte di valore nel farlo. Infatti, coloro che puntavano solo ad una compliance minima per accontentare le istituzioni avrebbero rischiato di commettere errori costosi, tra cui investire in una serie di soluzioni software non connesse tra loro e perdere opportunità di creazione di valore.
Il vero valore dell'ESG Reporting
Il vero motivo per investire nel reporting di sostenibilità è che rappresenta (e ha sempre rappresentato) un'enorme creazione di valore se gestito correttamente. L'ESG Reporting può generare valore in diversi modi:
1. Attrarre investimenti
L'ESG rimane un obiettivo centrale per gli investitori, in particolare nei mercati del private equity e bancari. Gli investitori hanno diversi motivi per mantenere la performance ESG al centro della loro agenda: l'impegno nella mitigazione del rischio a lungo termine e l'esperienza di aumento di valore nelle operazioni di M&A. Di conseguenza, un solido ESG Reporting può attirare investitori focalizzati sulla sostenibilità e aprire l'accesso al capitale tipicamente riservato alle aziende più grandi.
2. Ridurre il costo del capitale
Oltre ad attrarre investimenti, le aziende con punteggi ESG più elevati tendono a ottenere un costo del capitale inferiore rispetto ai concorrenti meno performanti. Infatti, la resilienza di un'azienda ai rischi legati alla sostenibilità (misurata dal suo MSCI ESG Rating) è stata dimostrata strettamente correlata con il costo del capitale.